DONOR UNKNOW

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JoEllen Marsh appartiene a quella prima generazione di persone figlie di un seme donato da uno sconosciuto, come indica il titolo di questo doc, ed e’ abbastanza grande (20) per volerlo conoscere: di lui sua mamma sa dargli solo alcune foto, una scheda con delle carateristiche fisiche e psicologiche per cui lo scelse e un numero di serie che, inserito dalla figlia in un sito banca dati, le permette di trovare una sua sorellastra a New York. Nel documentario intanto ci viene rivelato il pezzo forte, il padre: Jeffrey un hippie che vive in un camper in un parcheggio a venice beach in californa, con due cani, un piccione, ama la natura, gli animali. Per campare ha fato anceh il donatore di sperma, visto che qualche soldo lo tirava su e la sua scheda tecnica era molto gettonata tra le coppie omosessuali. Perche’ mentre le due sorellastre si riconoscono simili nelle sopracciglia, nell’amare gli animali e altre cose, prima di arrivare da papa’, scoprono di avere per gli Stati Uniti ben altri 10 fratelli,. In tre arriveranno anche da Jeffrey alla fine. Non tutti i familiari hanno lasciato filmare i figli o sono stati propensi a far conoscere i vari “fratelli” ma non e’ un caso isolato: e’ facile per molti figli nati con l’inseminazione artificiale avere diversi fratellastri in giro e non saperlo. meno comune un padre come Jeffrey.

GREENLIT

http://www.youtube.com/watch?v=2aVn0dSG_GM

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Anche il cinema go green e sposa la causa ambientale, cercando di essere un mondo produttivo meno inquinante, soprattutto quando cerca di comunicare determinati temi. The beach di danny boyle e’ un esempio su tutti: il paradiso di una comunita’ da difendere segretamente, in realta’ devastato e ricostruito per girare le scene del film. Ma questa e’ la punta di un iceberg enorme che si sta sciogliendo e presto ci allaghera’ tutti.
Miranda Bailey la regista di questo documentario segue la produzione di “The River Why” nell’avanzatissimo Oregon, non in Texas, dove quasi tutti gli aspetti ambientali vengono seguiti da una giovane consulente ambientale che crede nella causa e si impegna con tutta se stessa: niente bottiglie di plastica per l’acqua, carta ridotta al minimo, differenziata per i rifiuti… ma c’e’ malumore nel set e dopo un po’ scatta un boicottaggio nei confronti della piccola creatura che tanta passione ci sta mettendo e calcola quanto potrebbe cambiare il mondo se tutti i film si producessero in maniera meno impattante.
Cifre alla mano, come non darle ragione. Ma e’ una questione culturale e ci vuole del dannato tempo, purtroppo non accade tutto all’improvviso. Lo dimostrano in una nota alla fine del documentario i viaggi in aereo che ha percorso la regista tra los angeles, portland, new york… dopo che ha passato ore e ore ascoltandola.